Articoli principali
15 ottobre 2010
Sette cose che possiamo smettere di fotografare
The Oatmeal è un sito che pubblica vignette abbastanza argute. Lo stile con cui Matthew Inman le disegna a me non piace per niente, ma passiamoci sopra. Dopo alcuni grandi successi da oltre ventimila condivisioni su Facebook (come questo e questo), ecco sette cose che possiamo smettere di fotografare. Le mie tre preferite sono dopo il salto, tutte le altre qui. Continua a leggere
15 ottobre 2010
Una casa di cura per asini
A quanto pare esiste un posto dove possono andare gli asini vittime di torture
o maltrattamenti per rimettersi in sesto. Il reportage di Andy Drewitt. — Via
Many of the donkeys, sensitive by nature, arrive at the shelter depressed, and it can take months, sometimes years, for the shelter’s band of volunteers to nurse their long-eared charges back to physical and mental health.
8 ottobre 2010
Due parole sul redesign del marchio Gap
Molti hanno già parlato del restyling del marchio Gap e, nonostante abbia deciso di astenermi dallo scrivere un commento sul logo, sono stato obbligato a notare due cose dalle dimensioni sconvolgenti che sta prendendo la polemica.
Primo, se è vero il principio che l’importante è far parlare, ora abbiamo la conferma che un brand già noto ha la possibilità di raddoppiare — eufemismo — la propria popolarità a costo zero, inventandosi un rebranding e lasciare la comunità sconfinata di designer, aspiranti grafici e creativi in genere a fare tutto il lavoro per loro Continua a leggere
6 ottobre 2010
10/10/10, un giorno sulla Terra
L’idea di One Day on Earth è partita parecchi mesi fa, ma siamo ormai a soli quattro giorni dal giorno X e sembra arrivato il momento giusto per parlarne. Il 10 ottobre — il 10/10/10 — migliaia di persone da tutti (tutti) i paesi del mondo prenderanno in mano una telecamera e per 24 ore riprenderanno ciò che vorranno, andando a creare, tutti insieme, un immenso documentario che racconta un giorno di vita del nostro pianeta. Continua a leggere
24 settembre 2010
La storia del punto interrogativo
Leggo oggi un articolo che cerca di spiegare la nascita del punto interrogativo. Essendo partito da una voce di Wikipedia l’autore non garantisce che sia andata effettivamente in questo modo, ma la considera l’ipotesi più convincente tra le tante in circolazione e, in ogni caso, su Wikipedia viene citata una fonte presumibilmente autorevole. Vi riporto la teoria così com’è, tradotta dall’inglese.
Nella lingua latina era abitudine aggiungere il termine quaestiō in fondo ad una frase ogni volta fosse necessario esprimere una forma interrogativa. La scarsa eleganza e l’ingombro inutile di questa soluzione portò a contrarre l’espressione quaestiō in QO, ma l’abbreviazione poteva però dare luogo a fraintendimenti: le due lettere affiancate sembravano infatti indicare una parola incompleta. Per evitare questo problema, la O venne spostata sotto la Q — piuttosto che al suo fianco — dando così origine ad un segno diverso con un suo ben preciso significato. Il segno disegnato a mano potrebbe essersi facilmente evoluto al punto interrogativo che conosciamo oggi.
17 settembre 2010
Inventori uccisi dalla propria invenzione
C’è una lista non esaustiva che inizia su Wikipedia e finisce qui. Ironia della sorte? Sembra sia capitato spesso agli inventori di torture di essere stati i primi torturarti a morte con la propria invenzione.