27 novembre 2010
Gonfiando e sgonfiando sacchetti di plastica
Da una settimana tutti parlano di questa installazione di Nils Volker. Sono 108 sacchetti di plastica che si gonfiano e sgonfiano reagendo alla...
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11 luglio 2012
A Pripyat, una delle città più vicine alla centrale di Černobyl’, c’è un parco dei divertimenti. Lo so perché ci sono stato, due volte. La prima insieme al capitano MacMillan nel videogioco Call of Duty 4: Modern Warefare (immagine a sinistra sotto). La seconda nell’universo alternativo e devastato dalle radiazioni di S.T.A.L.K.E.R.: Call of Pripyat (immagine a destra), gioco prodotto dalla società ucraina GSC Game World.
Il luogo — evidentemente — attira l’immaginazione di artisti, designer e creatori, spingendoli a costruire esperienze che riportino in vita uno spazio congelato nel tempo. E forse anche la sua storia affascinante e un po’ inquietante spinge in quella direzione.
Il parco doveva essere aperto ufficialmente il 1° maggio 1986. Ma venne aperto in anticipo il 27 aprile e solo per qualche ora per intrattenere e distrarre gli abitanti di Pripyat prima che venisse emanato l’annuncio di evacuazione della città. Il parco è la zona più radioattiva della città. È esposto direttamente verso la centrale e, il giorno del disastro, il vento portò in quella direzione le prime particelle radioattive. Gli alberi della foresta che sta tra il parco dei divertimenti e la centrale morirono in pochi giorni. C’è un breve documentario in russo di 10 minuti intitolato Unforgettable, girato il 26 e il 27 aprile che mostra alcune fotografie del parco divertimenti aperto.
Anche l’artista inglese Ryan Doyle è stato incuriosito dal parco dei divertimenti di Pripyat e dalla sua ruota panoramica. Killscreen, una notevole rivista online di critica ai giochi e ai videogiochi, l’ha intervistato per una sua opera che ha a che fare sia con i giochi sia con Pripyat.
Nel 2010 Ryan insieme ad altri sei compagni — tra cui gli italiani 0100101110101101.org — si è avventurato nella zona contaminata dal disastro di Černobyl’, ora sorvegliata da militari. E ha portato fuori, non si sa come e Ryan evita accuratamente di dirlo, pezzi di metallo da Pripyat e dal parco di divertimenti abbandonato. Dopo averli riportati in Inghilterra, ci ha assemblato The Liqudator, una giostra meccanica radioattiva su cui si può salire e giocare. Divertendosi, anche. The Liquidator è stato esposto a Manchester e a Sheffield.
A un certo punto Killscreen chiede a Ryan: cosa volevi dire con questo lavoro?
E lui risponde:
Semplicemente il fatto che siamo stati in grado di farlo [...]. Ho portato materiale altamente radioattivo in Canada, America, Inghilterra e Olanda mentre tornavo. Come cazzo è stato possibile? Non dovrebbe essere okay, no? L’emivita [il tempo necessario perché la quantità di una materia radioattiva si dimezzi, dimezzando di conseguenza anche la radioattiva] dello Stronzio-90, uno dei maggiori contaminanti della zona di Černobyl’, è di circa 30 anni. L’area sarà contaminata ancora per centinaia di anni. Il plutonio, l’uranio e altri elementi con un’alta emivita ci metteranno decine di migliaia di anni. Non andranno via. Voglio dire, in 10.000 anni le lingue cambiano, le civilizzazioni spariscono.
Il viaggio di Ryan e dei suoi cinque amici è documentato con foto e video sul sito Plan C. L’intervista su Killscreen, invece, è qui. Merita.
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