25 luglio 2012
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C'è un modo migliore di recensire la biografia di una programmatrice che scriverla in Javascript?
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27 giugno 2012
James Bridle è uno scrittore, editore e programmatore inglese. È diventato piuttosto famoso lo scorso anno per aver introdotto il concetto di Nuova Estetica (New Aesthetic), il riconoscimento di uno travaso di aspetti visivi dal digitale al quotidiano. Non è questo che ci interessa, ma attesta la sua competenza.
Qualche giorno fa, James si è installato nell’ingresso della agenzia di design Lighthouse con l’intento di creare un laboratorio pubblico di programmazione. Si è messo lì e ha scritto codice con un proiettore che mostrava sul muro tutto quello che succedeva sul suo computer. Ha risposto alle domande e ha raccontato a chi passava sia cosa stava facendo sia come funzionava quello che stava facendo.
Perché? James scrive:
Ultimamente sono diventato sempre più conscio del buco che si è creato tra l’idea tradizionale di lavoro e artigianato e le tecnologie. Non è un’osservazione nuova, ma con l’aumento del feticcio dell’unico, dell’autentico e dell’artigianale, sembra una cosa di cui vale la pena preoccuparsi.
La questione è che il codice sorgente dei programmi che usiamo ogni giorno ci è spesso nascosto. È vero, il codice HTML del web è aperto e consultabile con un clic, ma guardando solo il lavoro finito è difficile capire com’è diventato quello che è. In fondo, guardare una vaso o una sedia ci fanno capire qualcosa di come sono stati creati? Un po’ sì. Ma non tutto.
E allora mettersi a lavorare e a scrivere codice in pubblico è come invitare le persone nella propria bottega artigianale. Si può osservare, copiare, imparare dalla messa in pratica. Capire.
Il laboratorio di James è molto interessante ma, mi sono chiesto, se c’è questa possibilità per il codice, perché non c’è per la scrittura in generale?
Ho inserito un paio di parole chiave in Google e ho trovato il corrispettivo in differita dello scrivere codice in pubblico di James. Un programma open source, EtherPad, che permette di riavvolgere e riprodurre qualsiasi cosa sia stata scritta all’interno, mostrando ogni passaggio, ogni incertezza, ogni errore e correzione. Tutto quanto.
È (di nuovo) pensato e usato soprattutto dai programmatori, ma qualcuno che l’ha applicato alla scrittura c’è.
Lo statunitense Paul Graham, ad esempio. Nel febbraio 2009 (qualcuno ha avuto quest’idea molto prima di me) ha scritto su EtherPad il suo saggio 13 consigli per startup.
Il sito originale di EtherPad non c’è più — il programma si è sparso per la rete in varie piattaforme. Ma qualcuno ha ripubblicato il saggio e tutta l’opera di costruzione alle spalle su stypi, un software simile. Cliccate play e date un’occhiata. E poi sperate anche voi insieme a me che un Dave Eggers, un Safran Foer o chi diavolo volete, decida di scrivere così il suo prossimo romanzo.
Anche questo articolo è stato scritto in pubblico, cliccate sull’icona a forma di telecamera e poi su play per vederlo dall’inizio. Le foto sono di Ben Terrett.
Ci sono 1 commenti
(OT) Etherpad è fantastico anche per i verbali/resoconti/appunti di riunioni et similia: è praticamente un wiki, solo che non c'è il conflitto e tutto è in real time. Fare riunioni online in Skype e scrivendo su Etherpad è veramente comodo e utile.
scritto da Aubrey il 27 giugno 2012 alle 12:01