4 luglio 2012
Dieci pubblicità dirette da Wes Anderson
Jason Schwartzman? Non manca
- Mi piace 01
- Commenta 00
Osservare, selezionare, condividere.
18 gennaio 2012
Non sapevo che Federico Fellini avesse girato pubblicità per la televisione. L’ho scoperto grazie a questo post, che raccoglie gli spot per Campari, Barilla e Banca di Roma che il regista girò tra il 1985 e il 1992. I testi citati sono estratti da questo articolo di Francesca Romana Moretti.
Campari, Oh che bel paesaggio!
1992, con Victor Poletti e Silvia Dioniso
La realizzazione dello spot, della durata di un minuto, richiese 2 mesi di lavoro e una team di 52 persone, anche perché Fellini fece costruire i modellini del paesaggio alti 7 metri e lunghi 14 (quando normalmente non superavano i 2 metri). Il lavoro, realizzato dallo scenografo Dante Ferretti, fu estremamente minuzioso: insistette infatti per ricoprire le piramidi con degli specchi perché così erano quelle originali, studiate per riflettere la sabbia e rendere invisibili le tombe dei Faraoni. Lo spot ebbe moltissimo successo in tutto il mondo, suscitando anche l’interesse del MoMa di New York.
Barilla, Alta società
1985, con Greta Vaian e Maurizio Mauri
Lo spot, che costò circa 350 milioni di lire – escluso il compenso del regista – fu realizzato in cinque giorni di lavorazione a Cinecittà, dove ci si avvalse dei mezzi e delle maestranze usate fino a quel momento solo per le produzioni cinematografiche.
Pagine 1 2
Pagina successiva
Ci sono 2 commenti
quello della barilla me lo ricordo ancora...
scritto da Ai@ce il 8 febbraio 2012 alle 23:39
Tre spot, quelli della Banca di Roma interpretati da Paolo Villaggio, che compongono e sviluppano tutta una serie di motivi tipicamente “novecenteschi”: catastrofe, mito dell’inconscio e della psicoanalisi, suggestionamento dittatoriale della mente e formalizzazione esogena dei contenuti psichici (dittature del pensiero e dell’azione, mass-media, pubblicità, ancora psicoanalisi etc.), non-vita (= paralisi dell’azione, ipoteca sulla vita, impossibilità di accedere a conti fatti all’esperienza promiscua e metamorfica del contatto “concreto” con il mondo). Tutti elementi bersagliati da un sarcasmo e un livore personale che eccedono i confini del mero gioco parodico e che sono anche il testamento spirituale di un moralista che non si riconosceva nel proprio tempo, l’auto-sabotaggio grottesco della potenza/violenza suggestionante del medium novecentesco per eccellenza, il cinema, oltre che della televisione.
scritto da Francesco Di Benedetto il 22 maggio 2012 alle 09:06