25 luglio 2012
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3 ottobre 2011
Bruno Giussani è italo-svizzero. Sul suo sito dice che è un curatore di idee. Era al festival di Internazionale a Ferrara per raccontare di come è nato TED, di quale è la sua missione e del suo successo. Gli abbiamo chiesto se aveva tempo di rispondere a qualche domanda e, be’, ha detto di sì.
Allora, come si diventa direttore europeo di TED?
Scrivendo una mail al coordinatore di TED per suggerirgli degli speaker e scoprendo che c’è un certo tipo di approccio simile e una sensibilità simile.
Cioè? Hai scritto direttamente a Chris Anderson?
Sì, molti anni fa. Ora sono sei anni e mezzo che lavoro per TED, sono entrato a inizio del 2005.
Al tempo TED era un mondo un po’ più piccolo di adesso.
Era ancora tutto molto piccolo: una conferenza annuale in California con millecinquecento partecipanti. Fine della storia. Il sito esisteva ma spiegava solo cos’era TED. I video non c’erano.
Quando ho iniziato a lavorare a TED è nata la seconda conferenza, quella in Europa. Abbiamo creato il TED Prize, un premio annuale che ha lo scopo di mobilitare le risorse della comunità per aiutare un’idea a essere realizzata. Poi è nato il podcast, poi il sito, poi i video. Da lì la crescita di TED è stata molto molto rapida.
Divulgazione per te cosa vuole dire? È un tema che sta addirittura sopra al Technology, Entertainment, Design della sigla di TED?
Sì, ma la divulgazione non può essere comandata dall’alto. Deve essere portata da una comunità. La capacità di trasmettere una conoscenza, quella di raccontare una storia, di condividere un’esperienza è una capacità tra persone.
È quella del bravo insegnante che ci ha ispirato e ci ha fatto pensare: un giorno potrei essere uno scienziato, o un artista, o uno storico.
Sono le persone che non solo hanno conoscenza, competenza e credibilità ma anche passione che riescono davvero a colpirci. È essenziale per la disseminazione di idee. È attraverso la competenza e la passione che qualcuno si mette in gioco, va sul palco e racconta a mille persone quello che sa. Facendolo molto bene, e facendolo in modo autorevole.
C’è stato qualcuno che avete incontrato a un certo punto che aveva un’idea pazzesca ma non riusciva a raccontarla abbastanza bene?
Ci sono situazioni in cui c’è un ottima idea ma la persona che l’ha avuta non ha la capacità di raccontarla in modo – diciamo – entusiasmante.
E allora li aiutiamo a sviluppare questa capacità. Abbiamo un percorso di training per gli speaker: insegniamo come si crea un percorso narrativo in una storia, come si creano le slide… In altri casi cerchiamo qualcun altro che lavora nello stesso gruppo, un assistente o un collega, che riesce a raccontare meglio l’idea. Anche se non è il capo. Alla fine quello che importa è che l’informazione passi, che la storia passi.
Poi ci sono situazioni in cui rinviamo il talk di un anno. Permettiamo alla storia e al modo di raccontarla di maturare.
L’ostacolo maggiore che abbiamo è quello degli speaker che non parlano inglese. Il format di TED chiede che lo speech venga fatto in inglese. Il brillante scienziato giapponese che parla solo giapponese non può partecipare a TED. Non alle due conferenze annuali in California e in Europa.
Abbiamo cercato di aggirare il problema in due modi: sottotitolando i video sul sito, dall’inglese verso le altre lingue ma anche dalle altre lingue verso l’inglese e poi creando TEDx, un programma di licenze gratuite per eventi TED locali. Chiunque può prendere una licenza per organizzare una conferenza in lingua locale. TEDxTokyo è metà in giapponese e metà in inglese, TEDxParigi è in francese, TEDxBologna è in italiano.
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