4 luglio 2012
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Compositori e direttori d'orchestra cominciano a preferire i tablet ai classici spartiti
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4 marzo 2011
Questo breve viaggio comincia nel 1970 quando un giovane artista di San Francisco chiamato Paul Kos posizionò una decina di microfoni attorno a due blocchi di ghiaccio. L’installazione, poi riproposta più volte anche in tempi recenti, aveva il titolo «Sound of Ice Melting». Era forse più una provocazione che un’esperienza di ascolto puro, ma portava ugualmente gli spettatori ad interrogarsi sull’assurdo gesto fino a perdersi in meditazioni trascendentali. Questo almeno è quello che riportano alcuni critici e nonostante non l’abbia mai vista dal vivo non mi risulta difficile considerarla una reazione credibile.
Ma lasciamo i territori concettuali per spostarci nel concreto. Oggi, cioè due mesi fa, è stata pubblicata una registrazione ottenuta con un supermicrofono sottomarino congelato all’interno di una sfera di ghiaccio. I suoni, neanche a dirlo, sono molto suggestivi e si potrebbero tranquillamente ascoltare per ore. I due artisti hanno riempito il ghiaccio con luci colorate e altre bizzarrie, secondo me potete scegliere di ascoltarvi i suoni ad occhi chiusi.
Nonostante lo spettacolo sia relativamente magico per chi, come me, non è abituato, parrebbe che da quando gli idrofoni — così si chiamano — sono in circolazione, questo «paesaggio sonoro» non stupisca più nessuno. Affari degli esperti, chi può si goda lo stupore della prima volta ascoltando il suono di un cubetto di ghiaccio che si scioglie dentro un gin tonic — dico (quasi) sul serio.
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