21 maggio 2010
Sam Hessamian
Vengo a conoscenza di questo giovane fotografo, attraverso alcuni scatti realizzati per la nuova rivista online Bambi. Del magazine c’è ben...
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31 luglio 2009
Raramente mi è capitato di vedere delle opere di non-fiction dedicate al Giappone meno scintillante e curioso, che non sottolineassero l’ormai usurato stereotipo (che poi forse stereotipo non è) giapponesi=alieni. Jacob Aue Sobol, giovane fotografo austriaco della Magnum, è arrivato a Tokyo nella primavera del 2006.
Initially I felt invisible. Each day I would walk the streets without anyone making eye-contact with me. Everyone seemed to be heading somewhere – it was as if they had no need of communication. Most mornings I would take the Chuo-line from Nakano to Shinjuku, and even though the train would be packed with salary-men and school girls in uniform, I rarely heard a word being spoken.
Il bisogno di rapporti umani ha spinto Jacob lontano dai luoghi più frequentati per scoprire una città meno attraente ma anche meno pubblicità di sé stessa. Ha cominciato così a fotografare la sua Tokyo personale e la gente con cui ha avuto a che fare in questi luoghi durante i 18 mesi di permanenza, amici o solo conoscenti, lasciando da parte gli esotismi da decorazione e portando a galla, invece, un’umanità e uno squallore comuni a molte città occidentali.
I, Tokyo, il libro fotografico che ne è risultato, ha vinto quest’anno lo European Publishers Award for Photography, garantendosi così la pubblicazione ad alte tirature a spese dei sette editori in giuria.
Un’altra serie di Aue Sobol degna di nota è Sabine: storia del suo secondo viaggio a Tiniteqilaaq, Groenlandia, dove torna perchè insoddisfatto del suo primo reportage e dove si innamora di una nativa, Sabine appunto.
Ci sono 1 commenti
ottimo!
scritto da stefano il 23 agosto 2009 alle 20:23