2 luglio 2012
Libri che appaiono, libri che scompaiono
Al festival della pubblicità di Cannes vince un libro che appare al sole. E in Argentina ce n'è uno che scompare all'aria
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11 aprile 2012
Craig Mod è un designer e uno scrittore. Dall’ottobre 2010 fino al Novembre 2011 ha lavorato alla versione per iPhone di Flipboard, una rivista digitale che pesca contenuti da internet e li impagina molto molto bene.
Dopo un anno si è chiesto: cosa rimane di tutto il lavoro fatto per realizzare questa applicazione? Cosa rimane del lavoro fatto in digitale? O, per dirla come dice lui, dove sono i confini delle nostre narrazioni digitali?
Chiunque abbia mai prodotto un oggetto, un testo, un’immagine solamente al computer conosce bene la sensazione. Le cose che facciamo sembrano sempre, inesorabilmente, finire in un vuoto. Sappiamo che esistono, sono lì, le possiamo aprire, modificare, aggiornare, pubblicare. Ma non c’è una sensazione fisica e nessun oggetto a confermare la percezione.
Craig ha provato a creare quella sensazione fisica. In un piccolo articolo sul suo sito (lui lo chiama essay, saggio, ma a noi la parola spaventa sempre un po’) racconta come mai, durante l’anno di lavoro a Flipboard, ha messo insieme un libro che raccoglie tutto quello che ha portato alla creazione dell’applicazione: dalla prima riga di codice scritta fino all’ultima (in tutto, 9.569 cambiamenti e aggiunte al codice sorgente). Dalle scansioni di un pacco di blocchi per appunti ai 997 file di design usati per progettare il funzionamento e l’aspetto di Flipboard. Ci sono anche le fotografie di gente un po’ ubriaca e molto felice la sera del lancio sull’App Store.
↑ Copertina e quarta del libro, con la prima riga del codice sorgente da una parte e l’ultima dall’altra.
Un libro di 276 pagine, 30 cm x 30 cm e di tre chili e mezzo che testimonia il lavoro fatto, lo rappresenta, gli dà una fisicità. Un libro creato quasi per nessuno oltre a sé stesso: ne esistono solo due copie, una se l’è tenuta Craig, l’altra – suppongo – ce l’hanno negli uffici di Flipboard.
L’idea è viene da un altro libro, dei due artisti impacchettatori Christo e Jeanne-Claude, che racconta e raccoglie tutto il processo dietro a un’opera forse ancora più effimera e difficile da inquadrare di un’app per iPhone: Gli Ombrelli, un’incredibile operazione di land-art che consiste in 3000 ombrelli alti 6 metri posizionati sulle coste del Giappone e degli Stati Uniti. Il libro sull’opera non è, come per quello di Craig, pensato per loro stessi. È un libro per il pubblico:
cattura il processo e – anche se non riesce a dargli completamente un senso – almeno ci dà una cornice attraverso cui vederlo.
Ma, dice Craig, il libro può anche diventare uno strumento per capire.
Quando l’intero processo creativo avviene in digitale, in bit, perdiamo una connessione. È come se l’intero processo fosse concettualmente ridotto a un singolo punto, a qualcosa senza peso e sconfinato.
E, in questo territorio digitale, la capacità di capire dove ci troviamo come creativi collassa […].
Alla fine del progetto di Flipboard per iPhone mi sono chiesto se potevamo trovare un valore nell’esplodere quel singolo punto senza peso in un oggetto che potevamo comprendere.
Questo libro ha il ruolo opposto dei quello su Gli Ombrelli di Christo e Janne-Claude. Non condensa la nostra creazione. Dà forma e peso all’amorfa natura del processo di produzione digitale.
Potete leggere l’intero articolo, The Digital↔Physical, sul sito di Craig. Qui sotto (e sopra) qualche foto del libro. Anche se non si può comprare dà qualche informazione interessante su come è stato progettato Flipboard.
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