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14 novembre 2011

Intervista a Cartografare il presente

Cartografare il presente è un bellissimo progetto italiano. Nasce nel 2006 all’università di Bologna, al dipartimento di Geografia, a iniziativa del Comitato internazionale di Bologna per la Cartografia e l’Analisi del Mondo Contemporaneo. Una cosa serissima. Raccontano problemi e questioni sociali, politiche ed economiche con cartine, mappe e infografiche. Hanno lavorato, tra gli altri, per Le Monde Diplomatique, Internazionale, Il Manifesto e il mensile di Emergency. Abbiamo chiacchierato con Francesco Gastaldon, che non disegna le cartine ma ricerca i dati su cui costruirle.

Come è iniziato il progetto Cartografare il presente?
Nasce come progetto di collaborazione tra l’università di Bologna e Le Monde Diplomatique. È un progetto nato come laboratorio per formare cartografi. Nel team iniziale c’era Carlo Galli, famoso professore di discipline politiche, e Philippe Rekacewicz, cartografo di fama internazionale.

Quindi è nato dicendo: okay, prendiamo un gruppo di studenti e insegnamogli come disegnare le carte. Tu sei uno di questi?
No, io mi sono inserito dopo. Ma il progetto ha funzionato molto bene. Tra i ragazzi che si sono formati dal 2006 uno è cartografo e graphic artist al Guardian, un altro lavora per un centro cartografico del UNEP, il programma ambientale delle Nazioni Unite. E un altro ancora ha fatto prima il cartografo per Le Monde Diplomatique e ora lavora in una agenzia cartografica francese. Quindi, insomma, sono andati lontano.

Parliamo di quello che fai tu a Cartografare il presente.
Ricerco, raccolgo e analizzo i dati per le cartine.

E come si raccolgono questi dati?
Esistono varie modalità, nel senso che i dati possono venire da varie fonti. Ad esempio, nel 2010 ci è stato chiesto di realizzare delle mappe che rappresentano le diseguaglianze in Sudafrica. Io venivo da un periodo di ricerca di tre mesi con una borsa di studio in Sudafrica e abbiamo messo insieme le cose. In quel caso c’era una grossa componente di ricerca sul campo.

Sei andato là fisicamente?
Sì, facevo una ricerca su alcuni movimenti politici nelle baraccopoli delle città africane. C’è l’esperienza diretta e abbiamo portato nelle mappe dei dati reali, presi direttamente sul campo.
Se vedi le nostre carte, ci sono vari livelli: gli “strati” di dati si mettono uno sopra l’altro. Macrodati e microdati. In questo caso il dato dell’esperienza personale si basa sul vedere o indagare o intervistare le persone. E quindi sapere che lì sta avvenendo uno sgombero, che lì passerà un’autostrada e che lì ci sarà un centro commerciale.
Clicca sulla mappa per vederla sul sito di Cartografare il presente.

Non è solo un lavoro di ricerche di dati online.
No, esatto. Nel caso del Sudafrica sono riuscito a incrociarlo col progetto universitario che stavo già seguendo. L’anno scorso, per un progetto finanziato dal Manifesto, abbiamo mandato in Venezuela una nostra cartografa. Nel 2007 altri due cartografi sono andati in Brasile per una serie di mappe sugli idrocarburi finanziate dalla Fondazione del Monte. Di recente una nostra cartografa è stata a Lampedusa e in Tunisia dove ha raccolto dati per nuove carte che stiamo realizzando. Ma queste mappe-reportage sono difficili da fare.
La stragrande maggioranza delle mappe che abbiamo realizzato è costruita su dati che vengono da fonti secondarie. Per forza di cose. Non puoi recuperare dati sull’inondazione del Pakistan andando lì. E il dato sulla povertà o del tasso di alfabetizzazione non lo fai tu.

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